Umberto Gorietti
Nacque a Roma il 28 dicembre 1904 quarto ed ultimo figlio di una famiglia di origine umbra. Dopo la licenza elementare frequentò con successo le scuole commerciali.
La sua adolescenza, però, fu difficile e penosa a causa delle incomprensioni prima e la separazione poi dei propri genitori, ai quali era unito da profondo legame d’affetto.
Privata della mamma la famiglia fu integrata dalla presenza di sua cugina Gina sette anni più anziana di lui che poi sarà lo strumento usato da Dio per condurlo all’Evangelo.
Tra i ricordi della sua adolescenza vi era quello da lui stesso narrato, quando giovinetto era entrato in una nota chiesa di Roma ed aveva pianto e pregato a lungo perché Dio potesse risolvere i problemi della propria famiglia e potesse riempire il profondo vuoto d’affetto che avvertiva dentro di sè, e diceva:
«scopersi allora che le immagini artistiche» che mi circondavano, mi toglievano la libertà di pregare Dio spontaneamente e quindi mi turai gli occhi con le mani per pregare, questo fatto a tanti anni di distanza mi ricorda la prima preghiera spontanea in «ispirito e verità».
Ben presto intraprese l’attività lavorativa accettando provvisoriamente di apprendere diversi mestieri fino a quando cominciò a svolgere la professione di rappresentante in commercio nel settore delle calzature.
Nel 1926 incontrò la compagna della sua vita, Giuseppina Franzoli che, con dedizione esemplare, gli dedicò tutto il suo affetto. Tuttavia giovane e di bella presenza, impegnato come era nel mondo degli affari, non conduceva una vita scevra dalle attrazioni mondane, tanto che qualche anno dopo il suo matrimonio entrò in crisi.
Intanto, nel 1925 suo padre Giuseppe venne miracolosamente in contatto con l’Evangelo e cominciò a frequentare la Comunità Pentecostale di Roma. Il Signore trasformò la sua vita e divenne un testimone fedele di Cristo a tutta la sua numerosa parentela. Per la sua opera di evangelizzazione, si convertirono all’Evangelo sua nipote Gina e, prima ancora il marito di lei, Gioacchino Toppi, e poi la madre ed il fratello di quest’ultimo.
Umberto, che familiarmente veniva chiamato Nello, si trovò nel 1930 in una grave difficoltà. Aveva già due figli, ma il suo matrimonio era ormai entrato in crisi. Si rivolse allora alla cugina, con la quale aveva vissuto nella famiglia paterna, per chiedere aiuto e consiglio. Gina poté soltanto dirgli: «Soltanto il Signore può aiutarti a risolvere il tuo problema; accompagnami stasera al culto e pregheremo per te».
Nello accettò di buon grado, ma a patto che si sarebbe messo in fondo alla sala per non farsi notare dal padre, già convertito e che generalmente sedeva nelle prime file.
Per questo arrivarono che il culto era già cominciato. Quando però giunse il momento del messaggio della Parola di Dio Nello venne profondamente convinto e commosso al punto che si inginocchiò e cominciò ad implorare il perdono e l’aiuto del Signore. Quella sera fece la gloriosa esperienza della «nuova nascita» e tornò a casa totalmente trasformato dalla potenza di Cristo. Tutti i problemi del «menage» familiare furono risolti per sempre.
Poco dopo fece anche l’esperienza del battesimo nello Spirito Santo e in concomitanza con la propria professione si trovò ben presto a visitare le comunità pentecostali esistenti in varie zone d’Italia e quindi a svolgere praticamente il ministerio di «evangelista itinerante».
Nel 1931 egli sarà lo strumento usato da Dio per condurre a Cristo sua madre e a ricostituire così la famiglia paterna che era stata divisa nel corso dei quindici anni di separazione.
Nello stesso periodo si convertirono anche suo fratello Ottorino insieme alla moglie Maria.
Nel 1933 testimoniò a Salvatore Anastasio, il primo ad accettare il messaggio pentecostale a Napoli. Ben presto tutti i membri della famiglia Anastasio ricevettero l’Evangelo, compresi i suoi cognati Melluso e D’Alessandro. Così si formò il primo nucleo della Comunità di Napoli, inizialmente curata dai fratelli Umberto Gorietti ed Aurelio Pagano, fino a quando, nel 1935, fu costituito pastore Salvatore Anastasio.
Si giunge così al periodo della persecuzione. La comunità di Roma è tra le prime a subire le conseguenze del divieto di riunirsi in pubblico ed in privato, ma oltre alla persecuzione dall’esterno i credenti sono profondamente provati da una scissione interna provocata da una corrente di tendenza mistica-rigorostica. Un nutrito gruppo di credenti, fermo sulla posizione di equilibrio biblico, pur essendo rimasto senza conduttore, si organizzò con una «direzione collegiale» di un consiglio di anziani composto da: Umberto Gorietti, Luigi Arcangeli, Gioacchino Toppi, Attilio Pagano e Giuseppe Giulivi, i quali a rotazione esercitavano la presidenza ed il ministerio della Parola nei vari culti che si tenevano contemporaneamente nei giorni stabiliti, in cinque diverse abitazioni, in varie zone della città di Roma.
Questa situazione durò per ben dieci anni, durante i quali il gruppo dirigente riuscì a prendere cura spiritualmente della comunità. Parecchie volte i credenti radunati in case private o in aperta campagna furono arrestati e alcuni sottoposti a sorveglianza. Umberto Gorietti oltre alle difficoltà della persecuzione ha nel 1941 una grande prova familiare: la morte di Mario di tredici anni, il secondo dei suoi tre figli.
Il colpo più grave fu inflitto a tutti i membri dalla comunità quando il 6 giugno 1943, a seguito di una delazione da parte di una informatrice della polizia fascista che si era introdotta tra i credenti, furono tratti in arresto nelle cinque abitazioni dove si tenevano i culti e condotti al carcere giudiziario di «Regina Coeli». La maggioranza fu rilasciata dopo 23 giorni, ma Umberto Gorietti, insieme al padre, il settantenne Giuseppe Gorietti, ed a Luigi Arcangeli, Ugo Janni, Leonardo e Consola Lombardo, Teresa Nigido e Pietro Remoli furono deferiti al Tribunale speciale, Commissione per l’assegnazione del confino di polizia.
Il 9 luglio 1943 la Commissione Provinciale lo condannava «al confino di polizia per la durata di anni tre »per aver «svolto attività del vietato culto pentecostale».
Il 25 luglio dello stesso anno cadde il regime fascista ed il 5 agosto Umberto Gorietti venne «prosciolto e rimesso in libertà».
Con la riacquistata libertà e la riunificazione del territorio nazionale, dopo la triste parentesi dell’occupazione nazista e le tremende della guerra, Umberto Gorietti nel 1945 è tra i primi a riprendere contatto con credenti, gruppi e chiese ed incoraggia, compatibilmente alle precarie condizioni economiche, la riapertura dei pochissimi locali di culto esistenti prima della persecuzione. Nell’intento di riprendere l’opera di evangelizzazione pubblica a Roma, ottiene che la Comunità utilizzi per le riunioni la sala delle conferenze della vecchia sede dell’YMCA a Piazza Indipendenza e interviene, insieme ad altri, al 4°Convegno Nazionale, il primo con la partecipazione dei rappresentanti di tutte le comunità pentecostali esistenti sul territorio nazionale, dopo la tremenda tempesta della persecuzione e del secondo conflitto mondiale.
Il Convegno si svolse presso quella che forse era la più numerosa Comunità Pentecostale dell’epoca a Raffadali (Agrigento) in Sicilia, una sede periferica e scomoda, ma tanto significativa per le origini rurali e proletarie del Movimento.
Il fratello Gorietti intanto era rientrato in contatto con le fratellanze Italiane in USA e nel 1946 fu incaricato di rappresentare il movimento che aveva assunto nel frattempo il nome di Chiese Cristiane Evangeliche Pentecostali, presso il «Comitato per la distribuzione dei Soccorsi in Italia».
Purtroppo dopo il periodo dell’amministrazione alleata furono di nuovo applicate le forme di vessazione per impedire l’opera di testimonianza, con l’ordine di chiusura dei locali di culto, la maggioranza presi in fitto oppure collocati in ambienti di fortuna. Ora, però, che la Costituzione difendeva la libertà di culto e la garantiva, i pentecostali che avevano subito manifestando una «resistenza passiva» i dieci anni di persecuzione fasciste, non intendono soggiacere a ingiunzioni minacciose. Umberto Gorietti è il sostenitore di questa libertà e presenta appassionate relazioni nei vari convegni nazionali, sostenuto all’unanimità dai rappresentanti di tutte le comunità pentecostali italiane per reagire ed ottenere il diritto di predicare liberamente l’Evangelo.
Nel 1947 venne eletto dal Convegno Nazionale di Napoli presidente delle costituende «Assemblee di Dio in Italia» il nuovo nome assunto dalle Chiese Pentecostali Italiane. Da allora per trenta anni consecutivi fu sempre rieletto a questo ufficio che fino al riconoscimento giuridico dell’Ente lo impegnò per intervenire su ogni caso di intolleranza di cui erano ancora oggetto i pentecostali in forza di pregiudizi atavici e delle leggi fasciste ancora in vigore.
La prima grande capacità del fratello Gorietti fu quella di aver saputo «mobilitare» l’opinione pubblica e le forze evangeliche delle più importanti nazioni libere del mondo a favore della libertà del movimento pentecostale in Italia, scrivendo, a nome del movimento, molte petizioni alle supreme autorità dello Stato: dal Presidente della Repubblica al Presidente del Consiglio, ai vari ministri, fino a ciascuno dei membri del Parlamento.
Il suo vero talento, però, è stato quello di aver saputo unificare le varie «anime» del movimento pentecostale al duplice fine della concordia e della resistenza alle vessazioni, per ottenere la libertà di predicare l’Evangelo.
Umberto Gorietti è stato lo strumento usato da Dio per risolvere il problema della libertà, senza che il movimento pentecostale Italiano perdesse la propria indipendenza ed autonomia spirituale.
Per ottenere il riconoscimento giuridico delle ADI era necessario un documento che garantisse la serietà del movimento ed egli fu a capo della delegazione che, con lungimiranza e saggezza cristiana firmò il documento di «affiliazione spirituale» con le Assemblies of God, che in realtà rappresentò una vera e propria intesa fondata su una reciprocità di rapporti e di collaborazione alla pari fra due comunioni di chiese consorelle.
Nel maggio 1947 Umberto Gorietti, in rappresentanza dell’Italia, partecipò alla prima conferenza pentecostale a Zurigo, durante la quale fece un appassionato intervento perché venisse, con una petizione, richiesta l’attuazione dei principi di libertà di culto per le chiese pentecostali italiane.
Nel 1948, invitato dalle “Assemblies of God” e dalle varie chiese pentecostali d’America, visitò molte comunità e il risultato della sua visita fu la formazione del «Comitato per la tutela della libertà religiosa» che intraprese passi significativi a favore delle ADI per mezzo dell’ambasciatore italiano in USA. In quella occasione raccolse i fondi necessari per la costruzione dell’edificio di Roma che doveva essere la sede delle Assemblee di Dio in Italia e della comunità di Roma.
Intanto gli anni passavano da quel 12 ottobre 1948 quando la domanda di riconoscimento della personalità giuridica delle Assemblee di Dio in Italia era stata presentata al Ministero dell’Interno ed era rimasta senza risposta. Fu il 17 gennaio 1952 che il fratello Gorietti notificò a nome delle ADI che, trascorsi novanta giorni di silenzio del Ministero, questo sarebbe stato interpretato come un diniego.
Dinanzi al rifiuto della pubblica amministrazione di accettare la domanda di riconoscimento il 1 giugno 1952 egli presentò regolare ricorso al Consiglio di Stato contro il Ministero dell’Interno, Direzione Generale dei Culti, in persona del ministro On. Avv. Mario Scelba. Le ADI erano difese dagli eminenti giuristi Avv. Prof. Carlo Arturo Jemolo, Avv. Leopoldo Piccardi e dal legale dell’Ente, Avv. Giacomo Rosapepe. Intanto le intimidazioni continuavano contro il movimento e perfino contro lo stesso Umberto Gorietti che il 9 aprile 1952, mentre presiedeva una riunione di culto nella nascente chiesa di Latina, veniva fermato e «rimpatriato» a Roma con foglio di via obbligatorio e «diffidato ad astenersi da ogni attività in quel capoluogo e provincia».
Tutti questi inammissibili interventi delle autorità si fondavano sulla iniqua e denigratoria circolare Buffarini-Guidi del 9 aprile 1935 ed ancora vigente all’epoca.
Il 25 maggio 1954, il ricorso delle ADI venne accolto dal Consiglio di Stato, anche se “dal punto di vista umano v’era poco da sperare in quanto il ricorso era stato presentato contro il Ministro dell’Interno che, nel frattempo, era divenuto Presidente del Consiglio del Ministri, ma il popolo pentecostale «…sperando contro speranza credette…» (Romani 4:18) ed il Signore dette la vittoria”.
Umberto Gorietti in quella circostanza scriveva: “Iddio ci ha reso giustizia e il generale organo consultivo dell’ amministrazione centrale dello Stato ha riconosciuto i nostri diritti. Sia resa lode al Signore che ha piegato e guidato i cuori nella dirittura.
Con il rinnovo dei documenti necessari per il nostro riconoscimento, dopo la sentenza del supremo organo della giustizia amministrativa, il riconoscimento giuridico del nostro movimento non dovrebbe essere lontano e con esso tutti i diritti di libertà a cui abbiamo sempre aspirato per la prosperità dalle nostre chiese e per l’evangelizzazione della nostra nazione”.
Il raggiungimento di questo scopo rappresentò l’interesse primario della sua vita.
La sua gioia fu quella di vedere gradualmente scomparire tutti gli ostacoli per giusto godimento della libertà di culto anche da parte del movimento pentecostale. Anche se la lotta fu dura, alla fine, però, il 16 aprile 1955, a vent’anni dalla sua emanazione, la scandalosa e famigerata circolare Buffarini – Guidi venne revocata e il 5 maggio 1955 il Presidente della Repubblica firmò il decreto di riconoscimento giuridico delle «Assemblee di Dio in Italia».
Egli considerò che il suo compito era terminato e in occasione dell’Assemblea Generale del 1961 chiese di essere esonerato dall’incarico di presidente e legale rappresentante delle ADI. In riconoscimento della profonda dedizione e passione per la causa di Cristo e dell’Evangelo in Italia, fu riconfermato nella carica in ogni Assemblea successiva dall’età avanzata dovette ritirarsi. L’Assemblea onorando il suo fedele ministerio, la sua rettitudine e il suo totale disinteresse personale lo elesse all’unanimità presidente onorario delle Assemblee di Dio in Italia.
Nel periodo che va dal 1961 al 1977 egli fu attivissimo sia in Italia che all’estero. Il mondo evangelico come segno di stima lo nominò membro del Comitato di Vigilanza del Fondo di Previdenza dei ministri di culto delle confessioni diverse dalla cattolica, incarico che riterrà sino al 1974.
Nel 1964 rappresentò l’Italia al cinquantesimo anniversario della fondazione delle “Assemblies of God” USA. In rappresentanza delle ADI, nel 1965, partecipò al secondo Convegno evangelico italiano e nel 1966 all’Assemblea Costitutiva della “Comunione Pentecostale Europea”.
Nel 1970 fece parte del Comitato per una Campagna dell’evangelista Billy Graham a Roma che poi, però, non si svolse.
Che dire poi della sua premura e della sua “ansietà per tutte le chiese?” (2 Corinzi 11:29). Con queste poche note biografiche, non è possibile descrivere tutta l’opera svolta da questo fedele servitore del Signore che per cinquantadue anni ha svolto una fedele opera di edificazione e coesione in seno al Movimento Pentecostale Italiano che per la sua stessa natura, si trovava ad esprimere diverse tendenze organizzative.
In uno scritto rinvenuto fra le sue carte egli esprimeva la visione «profetica» che aveva del risveglio, una visione libera da pregiudizi e pronta ad incoraggiare tutte le iniziative di fede che tendevano al progresso e all’espansione dell’Evangelo in Italia. In questo suo scritto affermava: «Il piano di Dio attraverso il movimento pentecostale nel mondo è di operare nella potenza dello Spirito Santo a salvezza, di chiamare, raccogliere le pecore disperse d’Israele (che sono tante), di rendere compiuto il grande piano di Dio…». Questa nota, scritta in occasione dei primi programmi radiofonici trasmessi nel 1956 da Ibra Radio, così continuava: “Lodo le iniziative di tanti fratelli ed ho appreso con immensa gioia l’iniziativa di divulgare la testimonianza del “Pieno Evangelo” attraverso la radio, che è uno del tanti mezzi benedetti offertici dalla provvidenza divina per far arrivare l’appello di Dio al mondo. Abbiamo la possibilità di arrivare in luoghi lontani, nascosti, proibiti; parlare ad una infinità di persone alle quali, per ovvie ragioni, non potremmo differentemente parlare”.
Nonostante che per le sue deboli condizioni fisiche si fosse ritirato dal servizio attivo, egli continuò ad interessarsi dell’opera alla quale aveva dato il meglio delle proprie energie e dei propri talenti. Quando la salute glielo permetteva partecipava alle sedute del Consiglio Generale delle Chiese e i suoi saggi suggerimenti continuarono ad essere fino alla sua “dipartita” un punto continuo di riferimento.
Sebbene debilitato nel fisico volle assolutamente partecipare all’Assemblea Generale del 1981 durante la quale manifestò tutto il suo interesse seguendo tutte le sessioni dei lavori e con inaspettato vigore spezzò il pane nella celebrazione dalla Cena del Signore in un’atmosfera di preziosa e profonda comunione fraterna. Tornato a Roma venne immediatamente ricoverato in clinica dove subì un delicato intervento. Se pur gravemente malato e sofferente non mancò mai d’interessarsi fino all’ultimo dell’opera di Dio, con consigli preziosi per quanti erano impegnati nel servizio del Signore. Il 28 aprile 1982, il suo cuore generoso cessò di battere e fu promosso alla gloria in attesa della «corona della giustizia che il Signore il giusto giudice,… assegnerà…a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione» (2 Timoteo 4:8).
Certamente il fratello Gorietti è stato «un uomo mandato da Dio» per vedere attuata la predicazione di «Tutto l’Evangelo in Italia». La sua figura di cristiano e di ministro dell’Evangelo, la sua integrità, la sua umiltà ed il suo amore hanno insegnato, ad intere generazioni di credenti e di ministri, che bisogna servire con umiltà e con sincerità il Signore servendo i fratelli; che è meglio dare che ricevere ed è meglio servire che essere serviti; che tutti i credenti sono uguali e con pari dignità nel riconoscimento dei doni ricevuti da Dio; che l’opera iniziata dallo Spirito Santo può proseguire soltanto per fede e che l’unità dello Spirito per i legami della pace è quella che soltanto conta.
Umberto Nello Gorietti appartiene al nuvolo di testimoni, come assertore della libera predicazione dell’Evangelo in Italia e sarà ricordato come dirigente integerrimo e fedele, come amministratore oculato, esempio da imitare per continuare a svolgere l’opera di Dio senza interessi personali o per la propria gloria, ma unicamente per servire il Signore con fedeltà, proseguendo «a combattere strenuamente per la fede, che è stata una volta per sempre tramandata ai santi». (Giuda v.3). Francesco Toppi |